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La sanità, il malato incurabile

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di Antonio Bianco

Il 3,8%, 2,8 milioni di italiani, non si cura a causa delle lunghe liste di attesa. (Il Sole 24 Ore del 26 luglio 2023). La criticità incombe a macchia di leopardo sulle regioni ed impone ai cittadini il ricorso alle strutture private ovvero la migrazione nelle regioni del Nord, pagando un salto conto per la permanenza fuori sede anche degli accompagnatori. Il paese accetta che vi siano conclamate disuguaglianze, impone di versare le imposte al Sistema Sanitario offrendo ai meridionali cure intempestive per patologie gravi ed aggressive. Dal rapporto dell’Osservatorio Gimbe del 22 giugno 2023 in riferimento ai dati forniti dal Ministero della Salute per l’anno 2020 rispetto al 2019, si evidenzia che: “in Italia sono stati oltre 1,57 milioni i ricoveri programmati in meno; per gli screening oncologici oltre 4,1 milioni di inviti e oltre 2,53 milioni di prestazioni in meno; infine, oltre 112 milioni le prestazioni ambulatoriali ‘saltate’, tra visite specialistiche, esami di laboratorio e strumentali”.

Se il sistema sanitario fosse stato efficiente, forse sarebbero diminuiti i decessi nonché il peggioramento degli ammalati cronici. Ciò, presumibilmente, aumenta i costi sanitari e sociali, dovuti ai prolungati ricoveri nelle strutture sanitarie, all’inabilità al lavoro ed all’erogazione della pensione di accompagnamento.

Il ministero della Salute nel 2022 aveva indicato tre categorie di intervento per il recupero delle mancate prestazioni sanitarie, prevedendo nella legge di bilancio 500 milioni di euro destinati alle regioni per: ricoveri dovuti a interventi chirurgici programmati, inviti e prestazioni per le campagne di screening oncologici e prestazioni ambulatoriali. Per i tre settori è stata stilata una classifica di utilizzo dei fondi POR (Programma Operativo Regionale) destinati alle liste di attesa, secondo il rapporto Gimbe del 2022, così impiegati: “Toscana (99%), Provincia autonoma di Trento (95%) ed Emilia-Romagna (91%) e sul fondo Calabria (18%) e Campania (10%)”. Il ministero della salute aveva destinato 150 milioni, dei 500 milioni complessivi alle strutture private accreditate, le regioni, in media, hanno destinato il 29% della dotazione finanziaria ai privati accreditati.

Dal rapporto Gimbe del 2022 si legge che, le media del 29% in alcune regioni è stata superata e così ripartita: “Puglia (93%), Lombardia (46%), Campania (37%), Sicilia (35%), Liguria (32%) e Calabria (30%). Mentre Marche e Molise non avevano fatto ricorso al privato”. Dati sconfortanti, dovuti ad un sistema sanitario affidato alle regioni senza che vi sia una regia comune, nel paese delle 20 piccole patrie.


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